giovedì 16 aprile 2009

L'Aquila volerà ancora

Caro lettore, quanto tempo...
è più di un mese che non scrivo qua, e nel frattempo di cose ne sono successe. La più grossa, il terremoto a L'Aquila.
Da mezzosangue abruzzese (peligno, per la precisione), la tristezza è stata immensa, e più ancora la rabbia e l'orgoglio.
La tristezza per quei poveri cristi che sono rimasti sotto le macerie, per quei morti, per le loro famiglie, per la perdita che hanno subito.
La rabbia, perché come sempre in Italia si potevano evitare tante tragedie, perché questa tragedia poteva essere evitata. Perché il dolore è stato cavalcato come un lipizzano da parata da politici di calibro piccolo, medio e grande in tutte le televisioni e su tutti i giornali. Perché tanta gente si è stretta intorno a questa regione fiera e sfortunata essendoci costretta, un'altra volta, come al Friuli, all'Irpinia, al Polesine. Perché tanti altri hanno avuto il coraggio di scherzare su quasi 300 morti, hanno fatto battute di spirito, hanno colto l'occasione per riderci su. Una rabbia che non ha confini, e che da buon abruzzese difficilmente mi permetterà di perdonare, e certamente non di dimenticare.
L'orgoglio, di vedere un rugbysta fottersene delle macerie e dare una mano a salvare una vecchietta - bombola d'ossigeno inclusa - e rendermi conto che sì, chi ha assorbito una certa mentalità è fatto di una pasta diversa, in culo alla mentalità italiota! L'orgoglio di vedere gente pudica, schiva, che si ha pianto e piange i suoi morti per conto suo, e che ha ancora la forza di dire ai giornalisti "andate da un'altra parte". L'orgoglio di sapere che l'Aquila ricomincerà a volare, che la mia gente non si arrenderà.

E vorrei dire alle varie teste di cazzo giornalistiche, ecclesiali, governative e politiche in genere che si tenessero le loro elemosina pelose, le loro polemiche da sciacalli, le loro idee di grandezza sulla pelle della gente, le loro new town da beverly hills: non serve ai morti, non serve ai vivi, serve solo alle vostre facce di merda per farvi belli.

Le montagne de l'Aquila, di Sulmona, di Avezzano, vi hanno tenuti lontani per secoli. Speriamo che facciano ancora una volta il loro lavoro, e lascino passare solo chi ha rispetto per questa terra, chi ha rispetto per questa gente, chi entra in punta di piedi e dà una mano, senza aggiungere commenti.